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gyoza

  • michisabatini
  • 26 mar
  • Tempo di lettura: 12 min

Aggiornamento: 14 mag


copertina: Alen
copertina: Alen

Come è noto, al principio di dicembre 2019 i primi casi di virus circeus scoppiarono misteriosamente in una piccola città cinese. Nonostante i numerosi tentativi iniziali da parte del governo di mantenere il segreto, la notizia della diffusione di un’ignota malattia nel territorio cinese si fece strada lungo le vie internazionali della rete.

Per le strade, nei mercati, negli uffici, nei campi, scene raccapriccianti mai avvenute prima furono osservate da occhi e telecamere. In particolare, il video di un dipendente di una nota compagnia pubblicitaria che iniziava la sua metamorfosi in suino divenne il video più visto nel mondo durante quella settimana.

Quelli che inizialmente sembravano starnuti si intensificarono sempre di più, fino a diventare forti grugniti, e quello che dapprima era un naso aquilino si arrotondò e si schiacciò in quello di un maiale. I bottoni si staccarono dalla giacca, volando in tutte le direzioni, e la camicia e i pantaloni si strapparono improvvisamente, non potendo più contenere la velocità con cui il corpo cresceva. L’uomo, nel vedere la sua trasformazione compiersi, si spaventò a tal punto da gettarsi a terra, nel vano tentativo di chiedere aiuto, ma ben presto il grugnito sovrastò la voce umana. Una donna si avvicinò a lui per aiutarlo, ma un collega la fermò: la contagiosità del virus per via aerea imponeva una distanza di almeno due metri. Pochi minuti dopo, due individui bardati con una divisa bianca e una maschera a coprire il volto entrarono nell’ufficio e portarono via di forza il contagiato, che si dimenava e si colpiva il viso per tentare, invano, di impedire la metamorfosi. Qui il video si interrompeva bruscamente.

Data la viralità del video, propagatosi in poche ore su tutti i social network occidentali, il governo cinese impose rigide regole sulla diffusione di notizie riguardanti il virus e punizioni severissime per i trasgressori. Ben presto in occidente svanirono del tutto gli aggiornamenti sull’evoluzione della situazione sanitaria in oriente, e la Cina rimase isolata dal resto del mondo.

Fu imposta una rigidissima quarantena all’intera popolazione, con la possibilità di uscire di casa una sola volta a settimana per procurarsi gli approvvigionamenti alimentari e i beni di prima necessità. Ben presto si diffusero, come nel resto del mondo, le più assurde convinzioni riguardanti la contagiosità del virus e le motivazioni della sua diffusione. Una branca di complottisti religiosi, più ampia di quanto ci si potrebbe aspettare, giunse persino a ipotizzare che la pandemia non fosse altro che una punizione divina, e che gli infetti fossero peccatori meritevoli di tale castigo.

Non serve infine dilungarsi sulle conseguenze sanitarie, psicologiche ed economiche che un evento di tale portata provocò sulla popolazione cinese e, successivamente, su scala globale.

Tra i milioni di lavoratori a risentire della pandemia e del blocco delle notizie vi fu Xiao Ping, un food blogger di fama internazionale, che da anni viaggiava per il mondo in cerca di ricerche autentiche e storie culinarie dimenticate. I suoi video erano celebri per la cura con cui raccontava non solo il gusto del cibo, ma soprattutto le tradizioni e le persone che lo circondavano. Particolare successo avevano riscosso il video sull’arte della preparazione del pesce palla nei ristoranti di sushi più esclusivi di Tokyo e quello girato in Italia, in un paese remoto della campagna emiliana, dove Xiao aveva imparato l’antica tecnica della preparazione dei tortellini.

Nella primavera del 2020, dopo quasi cinque mesi di pandemia, si trovava prigioniero all’interno del suo stesso appartamento a Pechino, senza storie da raccontare né nuove prelibatezze da gustare. Come previsto dalle rigide regole del Paese, poteva uscire una sola volta a settimana per fare la spesa, ma tendeva a comprare solo lo stretto necessario e continuare a ordinare pietanze originali da nuovi ristoranti. Naturalmente, la pandemia costrinse tantissimi locali alla chiusura definitiva, cosicché ben presto Xiao terminò le idee per scrivere nuovi articoli sul blog e girare video.

Dopo anni di viaggi, il suo palato era ormai abituato alla curiosità e allo spingersi sempre oltre, dai cibi più prelibati a quelli più sudici e di scarsa qualità. Ciò che contava per lui era la storia dietro al piatto. Da mesi si trovava in una situazione di sconforto totale: senza storie da raccontare, amici o familiari con cui parlare, la solitudine lo stava logorando, giorno dopo giorno. Inoltre, la fragorosa e incessante cantilena delle sirene dell’ambulanza, ad ogni ora del giorno e della notte, lo stava portando alla follia.

Una stranezza che aveva notato, durante le giornate trascorse a contemplare il via vai delle ambulanze fuori dalla finestra del suo appartamento accanto all’ospedale, era che in tantissime uscivano dall’edificio con le sirene sparate, ma ben poche tornavano con la medesima frenesia; anzi, alcune sembravano non tornare proprio. Nonostante la curiosità iniziale, ben presto si disinteressò persino di quel mistero, e tornò ad annoiarsi.

Una sera, incuriosito dall’annuncio online di un nuovo ristorante che aveva appena aperto le consegne a Pechino, “Da Mei”, decise di provarlo, seppur con basse aspettative. Il menù del ristorante prevedeva soltanto gyoza al vapore o alla piastra, e non vi era possibilità di scelte alternative. Tuttavia, la notte precedente, aveva sognato di mangiare dei deliziosi ravioli, e nell’arco della giornata si era fatto strada nel suo stomaco quello specifico languorino.

Quella sera ordinò una porzione di gyoza al vapore e una alla piastra. Il menù minimalista e la totale assenza di recensioni gli sembravano segnali dell’ennesima esperienza deludente, ma giunto a quel punto della pandemia non aveva nient’altro da perdere.

Come da norma, il cibo gli venne fatto recapitare direttamente davanti alla porta, senza che potesse interagire con la persona delle consegne. La confezione era sorprendentemente curata nei dettagli: i ravioli erano confezionati in un piccolo cesto di bambù, simile a quello che sua nonna gli consegnava per la merenda a scuola, e accompagnati da una salsa fragrante dall’aroma di zenzero e soia. Gli invitanti ravioli giacevano su una verdeggiante foglia di cavolo verza.

La sottile pasta traslucida dei ravioli lasciava intravedere il roseo e invitante colorito della carne, accompagnata da aglio e zenzero, tre ingredienti semplici quanto gustosi. Il profumo emanato era soave e ammaliante. Prese un raviolo con le bacchette, lo portò alla bocca e lo addentò delicatamente, per succhiare il brodo caldo, e dunque procedere ad assaporarlo nella sua interezza. Un’esplosione di sapori gli inondò il palato immediatamente: la base di carne era estremamente saporita, seppur delicata, e le note di zenzero, aglio e soia erano perfettamente bilanciate, amalgamate dolcemente dal tiepido brodo. La croccantezza alla base di pasta dei gyoza alla piastra si sposava alla perfezione con la consistenza soffice del ripieno, mentre la morbidezza di quelli al vapore ricordava una affettuosa carezza per il palato. Xiao chiuse gli occhi, quasi commosso dal sapore di quei manicaretti, e li trangugiò uno dietro l’altro, gustandosi ogni singolo boccone con il giusto apprezzamento, ma con abbondante celerità. Il giovane food blogger non provava una tale sensazione da mesi: quei ravioli gli avevano donato per la prima volta dallo scoppio della pandemia la gioia del gusto, gli avevano ricordato il motivo per cui amava tanto il suo lavoro.

Durante la settimana successiva, li ordinò a ogni pasto, con spasmodica ricorrenza, e nessun boccone riuscì a deluderlo. Registrò un breve video per il suo profilo social privato, al quale pochi appassionati dei suoi video si erano abbonati prima dello scoppio della pandemia, e invitò i suoi seguaci a provare quello sconosciuto ristorante di ravioli. Ben presto il passaparola rese quei ravioli i più famosi di Pechino.

Xiao continuava a divorare per pranzo e cena gyoza accompagnati dalle salse più variegate, tormentato dal desiderio di conoscere i proprietari del ristorante, i cuochi, la provenienza di quel nutrimento dal gusto sublime. In parte mosso dalla sua solita curiosità e dalla profonda devozione provata nei confronti del pasto, in parte in quanto ormai esperto nel fiutare le occasioni di possibili video e articoli originali e virali, decise di trovare un modo per recarsi nel ristorante di origine dei ravioli.

Grazie alle sue conoscenze nell’ambito della distribuzione di prodotti di qualità all’interno della città di Pechino, riuscì a trovare il furgone che quotidianamente trasportava i ravioli dal loro luogo di produzione al piccolo centro di smistamento per consegnarli ai singoli acquirenti. A causa delle rigide restrizioni date dalla pandemia, tuttavia, fu costretto a pagare lautamente l’autista del furgone per intrufolarvisi all’interno ed evitare i controlli. La notte seguente si introdusse furtivamente nel retro del furgone vuoto, parcheggiato sotto casa sua, all’interno del quale aleggiava ancora il profumo di ravioli cotti quella stessa mattina. Il delizioso aroma alleggerì il lungo viaggio, che durò fino all’alba, a causa dei numerosi controlli da parte della polizia, che fortunatamente ignorò il contenuto del mezzo di trasporto, e dell’incredibile traffico, che costrinse l’andamento a rallentare enormemente. L’ubicazione del ristorante, certamente lontana diverse decine di chilometri dalla capitale, sarebbe stata facilmente raggiungibile in poche ore, se non fosse stato per l’interminabile via vai di furgoni, camion e autoambulanze. A quanto pare il misterioso ristorante delle settimane precedenti non era più tanto nascosto al pubblico, pensò Xiao.

Una volta sceso silenziosamente dal furgone, dopo aver pagato una seconda volta l’autista – con non poco rammarico – per il disturbo recatogli, intravide finalmente il villaggio da cui provenivano i ravioli che lo ossessionavano da settimane.

Heianlong, così era chiamato il paese con una dozzina di vecchie case, gli parve un’isola fuori dal tempo. Adagiato tra i verdeggianti campi di cavoli, che si estendevano a vista d’occhio, il villaggio sembrava del tutto immune alla pandemia che aveva devastato il resto del mondo. Xiao rimase profondamente colpito dalla quiete spettrale delle sue strade: la dozzina di abitanti che incontrò lo osservavano con un’espressione distante e inespressiva, e gli parvero l'uno la fotocopia dell'altro, come membri di un’unica, regnante famiglia in quel reame di cavoli e ravioli che trascendeva il tempo.

Nel cuore del villaggio, Xiao trovò il piccolo ristorantino per il quale aveva viaggiato tanto a lungo: un edificio di legno scuro, con una piccola insegna che recitava “Da Mei”, una lanterna rossa appesa sopra la porta di ingresso. Un profumo inconfondibile di ravioli si diffondeva lungo le strade semideserte del paese.

Ignorando il meraviglioso e surreale paesaggio, Xiao si addentrò immediatamente all’interno del ristorante, con fare risoluto. Rimase tuttavia stupito nel vedere tre soli tavolini vuoti al centro della stanza, davanti a una cucina a vista. Al bancone dell’ingresso, un’anziana signora dai tratti gentili con indosso una mascherina lo salutò con un cenno del capo, invitandolo a sedere.

Ordinò immediatamente tre porzioni da sei gyoza al tavolo, e Mei – questo il nome con cui si presentò prima di prendere l’ordine, rivelando di essere la proprietaria del ristorante – indicò il numero tre con un gesto della mano, al gruppo di cuochi in cucina, che parevano preparare i ravioli con delicata maestria. A Xiao parve che adoperassero un ritmo decisamente troppo lento per l’enorme impennata di richieste del prodotto, nel corso delle ultime settimane. Tuttavia, riflettendoci sopra, realizzò che non era mai giunto in ritardo un ordine, né tantomeno aveva trovato recensioni negative al riguardo sul sito.

I ravioli appena usciti dalla cucina erano ancora più deliziosi di quelli mangiati a casa, cosicché Xiao, dopo il primo boccone, provò una sensazione di piacere quasi erotica. Ciononostante, non si lasciò distrarre dall’esperienza, e tirò fuori la telecamera per registrare il tanto agognato video, per il quale il food blogger pregustava già i milioni di visualizzazioni.

Mei si prestò con gentilezza all’intervista, raccontando che l’impresa era a condizione familiare, e i prodotti tutti locali. Quando tuttavia Xiao si slanciò in domande più specifiche e chiese di poter vedere le coltivazioni di cavoli e l’allevamento dei maiali, come era solito fare in tutti i suoi video al fine di offrire un’analisi più approfondita del prodotto, notò che per un attimo il sorriso di Mei si spense in un’espressione glaciale. Subito dopo, tuttavia, tornò la solita anziana gentile ed educata, a tal punto da invitarlo a riposare nella casa vicino al ristorante, di proprietà della figlia, nell’attesa che tornasse un furgone per la consegna dell’indomani mattina.

Xiao uscì dal ristorante comprensibilmente confuso, e con l’intenzione di indagare meglio sulla vicenda: se non era stato fermato dalla famiglia mafiosa Taglioli, durante il suo viaggio nel New Jersey alla scoperta della più importante catena di pizzerie degli Stati Uniti, non avrebbe certo rinunciato a scoprire il segreto dei ravioli dell’anziana Mei e del remoto villaggio di Heianlong.

Quella notte, circondato dalle mura spoglie della camera da letto gentilmente offerta da Mei, non riuscì a chiudere occhio. Continuava a rotolarsi tra le coperte, arso dalla curiosità e dall’uragano di quesiti irrisolti posti in seguito a quello stravagante incontro: come potevano due soli cuochi sfamare tutta Pechino? Perché Mei era stata così gentile e accogliente, fino al momento in cui Xiao aveva domandato di vedere gli allevamenti? Qual era l’ingrediente segreto di quei deliziosi ravioli? Ma soprattutto, qual era il segreto nascosto in quello sperduto villaggio?

Sfiancato dal ronzio di quei misteri irrisolvibili, si alzò di scatto dal letto e decise di uscire dalla casa per indagare. Approfittando del buio e della porta aperta del ristorante, si intrufolò nella cucina – incredibilmente pulita, per gli standard a cui era abituato Xiao – e notò una porta in metallo, chiusa con una serratura robusta. Utilizzando un coltello trovato in cucina, riuscì a forzare la serratura e addentrarti nel retro della cucina. Dietro la porta, una scalinata buia e umida portava al sotterraneo.

Immediatamente, il profumo della cucina pulita fu sostituito da un olezzo nauseabondo, un misto di carne cruda e disinfettanti chimici. Decise di accendere la telecamera, per non perdere alcun dettaglio, e scese lentamente, trattenendo per quanto possibile il fiato.

Ciò che vide al termine della scala lo lasciò senza parole. Giganteschi mattatoi si estendevano a perdita d’occhio, illuminati da luci fredde e tremolanti. Decine di uomini e donne visibilmente malati erano schiacciati all’interno di anguste gabbie. Alcuni tossivano fiaccamente; altri, dai nasi deformi da suini, grugnivano incessantemente, dimenandosi nel limitato spazio che li tratteneva. Provenienti dal fondo dell’infinito corridoio, Xiao udì lamenti disumani, un miscuglio tra grida e versi animali.

Assicurandosi che la telecamera continuasse a riprendere, si fece strada lungo il terrificante corridoio, schermandosi bocca e naso con il braccio, nel vano tentativo di coprire il fetore. Man mano che si addentrava in quel labirinto, l’odore si faceva sempre più forte, così come il fragore dei grugniti e quello di misteriosi macchinari metallici, dai quali sembravano provenire i lamenti. Ogni stanza che attraversava, sembrava contenere un numero sempre più elevato di individui, le cui trasformazioni apparivano agli occhi del food blogger sempre più evidenti. Se infatti nella prima stanza aveva osservato uomini e donne con una parvenza appena accennata di arti suini, giunto a circa la metà del corridoio, per la maggior parte di loro la trasformazione in animale era quasi completa. Altri, invece – i più spaventosi – sembravano ibridi tra uomini e maiali: qualche d’uno aveva il volto da suino e il corpo umano, qualche d’un altro l’esatto opposto, altri ancora agitavano le zampe anteriori animali e le gambe umane.

Xiao non aveva mai visto niente di similmente raccapricciante: nudi, immondi, imbrattati l’uno del sangue dell’altro, quei corpi gli provocarono il voltastomaco, tanto che si piegò in avanti e rigettò tutti i ravioli che aveva ingurgitato nelle precedenti settimane. Sentì le gambe indebolirsi progressivamente, tremolanti come le luci del soffitto, fino a quando non cadde sul pavimento.

Fin troppo impegnato a vomitare fino a lacrimare, non si rese conto di due preoccupanti avvenimenti che si stavano verificando: il primo era che, cadendo, la telecamera era precipitata con lui, spezzandosi a metà; il secondo era il rumore di passi proveniente dall’oscurità in fondo al corridoio, che si faceva sempre più vicino.

«Oh, caro» disse Mei, con la sua solita voce pacata.

Con le poche forze rimaste in corpo, Xiao sollevò lentamente lo sguardo, e vide con gli occhi appannati dalle lacrime l’anziana signora ergersi di fronte a lui. Indossava un grembiule bianco, una mascherina, una cuffia, degli stivali in gomma e dei guanti, completamente macchiati di sangue.

«Dovevi proprio venire qui a curiosare?» gli domandò. Il suo sguardo, così come il tono di voce, sembrava sinceramente apprensivo.

Xiao tentò di rialzarsi, ma il fetore gli provocò un fastidioso giramento di testa, costringendolo nuovamente ad accasciarsi a terra. Si rese conto che la telecamera giaceva rotta al suo fianco, e realizzò che non sarebbe uscito vivo da lì. Il cuore gli batteva all’impazzata: come aveva potuto lasciarsi ingannare in quel modo? Per settimane si era cibato di carne umana, dato che, seppur ibridata, non poteva essere considerata carne animale: si era macchiato dello stesso crimine di Mei e dei suoi complici. Aveva consigliato all’intera Pechino di mangiare i ravioli, rivoltante prodotto di quella carneficina disumana.

La donna sospirò, e riprese a parlare con cadenza fredda e distaccata.

«Sai che nel mondo ogni giorno centinaia di migliaia di animali vengono allevati e uccisi nello stesso modo? Che differenza c’è tra gli altri maiali e questi? Perché un pollo o un vitello merita di vivere più degnamente di queste persone? Sai chi sono, vero?».

In cuor suo, Xiao conosceva la risposta, ma non era intenzionato a crederci. Ora riusciva a spiegarsi il perché del traffico di furgoni verso quel remoto villaggio, il motivo per cui le strade di Pechino erano deserte, o perché le ambulanze correvano all’impazzata lungo le strade della città, senza mai portare effettivamente i malati all’ospedale. Quando realizzò che Mei non era altro che una complice del governo per sbarazzarsi dei malati di virus circeus in Cina, e che lui stesso non aveva fatto altro che alimentare quella macchina infernale, la donna aveva già ripreso a parlare, senza attendere una risposta.

«Sai che c’è? Oggi mi sento buona, ti lascerò andare via da qui vivo, ma a una condizione: la tua recensione del ristorante sarà positiva, e descriverai questo luogo come un’isola felice. Parliamoci chiaro, non ti restano tanti giorni di vita: probabilmente hai contratto il virus non appena hai respirato la stessa area di questi mostri. Puoi semplicemente scegliere se trasformarti in maiale con dignità, nella casa qua sopra, dopo aver adempiuto al tuo compito un’ultima volta, oppure restare qua sotto con gli altri. Cosa scegli, caro?».

Xiao aprì bocca per rispondere, ma non riuscì ad emettere un fiato, e si rovesciò di lato. L’ultima cosa che vide prima di svenire furono gli occhi docili e sofferenti di un maiale, più piccolo degli altri, schiacciato sotto il dimenarsi dei corpi di altri ibridi. Un copioso rivolo di sangue serpeggiava verso il suo volto. Chiuse gli occhi.

La settimana successiva venne pubblicato l’ultimo video del canale del noto food blogger Xiao Ping, che mostrava la scorpacciata di quei deliziosi ravioli e la lieta intervista alla proprietaria, con annesso l’articolo della recensione estremamente positiva del ristorante “Da Mei”.

Nel corso dei mesi successivi i gyoza di Heianlong raggiunsero notorietà a livello internazionale, diventando il prodotto alimentare di punta della Cina, mentre del giovane food blogger si persero del tutto le tracce. L’impero di Mei e dei suoi ravioli era appena cominciato.

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